lunedì 29 novembre 2010

Sono passati esattamente otto giorni dalla serata al Circolo della Rosa, alla Libreria delle donne. Ho conservato nel cuore la bella sensazione e le tante parole hanno fatto la loro strada, e seminato pensieri. Nel frattempo gli studenti son saliti sui monumenti: loro lassù, noi qui a fare il nostro lavoro, vicini. Per me, per Margherita, è stata una serata importante. Abbiamo cercato a lungo i contatti con la Libreria, le intelligenze che l’hanno costruita, fucina di tanto lavoro. Ora c’è un tappeto di attenzione sul quale possiamo di nuovo incontrarci. Se all’Enciclopedia arriveranno da lì ulteriori apporti di quella conoscenza in forma di voci - come già è avvenuto per Marirì Martinengo (che ringrazio veramente per l’invito e le parole così fresche che ha voluto dedicarci), e poi per Laura Minguzzi e Donatella Massara, sarà ancora più bello.
Per non perdere la presa su quei pensieri volevo appena tracciare dei gruppi di questioni emerse - solo qualcuno: avremmo potuto parlare per giorni!
Alcune note sono mie, altre mi sono state inviate, riferite e le voglio raccogliere.

1) Invito numero uno. Rendere più esplicito e diretto il legame fra chi scrive e la sua scelta, la sua invitata; noi abbiamo inserito questo nei criteri di stesura della voce, perché è l’unica strada per render ragione del fatto che una persona entri e un’altra no. Qualcosa di molto diverso dalla “par condicio” - principio che pesa in una opera come “Italiane”: lì ognuno portava le “sue” donne, in una logica anche di schieramento, per cui apparivano tutte “buone”, eroiche, “degne” di essere illustri, “a pari merito”. Nel nostro caso il legame dunque potrà essere il desiderio, come lo ha chiamato Marirì, o come mi ha scritto Giuliana Chiaretti, una forma di gratitudine che diviene riconoscimento; o ancora, il sentire come talmente estraneo un percorso da renderlo degno di studio e comprensione.

2) Altra raccomandazione: render ragione delle relazioni che descrivono una vita. Un biografia femminile si scrive sempre tenendo conto di questa trama. Anche questa istruzione è nei “criteri” dell’enciclopedia, anche perché è un modo utile di seminare indizi, di gettare il sasso avanti e indicare altri nomi, altre storie da conoscere. Non riguarda però solo le donne, riguarda tutte le figure che in forma di affetti, legami, condizionamenti, disegnano la rete entro cui si scrive una biografia, qualunque biografia degna di questo nome. E’ il contrario della storia per protagonisti, un insieme di silouette senza consistenze, sorpassata metodologicamente da molti decenni.

3) La questione delle donne viventi posta da Luisa Muraro, sulla quale poi ci siamo capite. Mi ha scritto Giuliana Chiaretti:
le storie di donne viventi sono storie del presente o del recente passato ci parlano dell'oggi, dei cambiamenti, dell'avvicendamento generazionale: storie contemporanee, come quella di Francesca Recchia (in preparazione) analoga a quella di molte altre giovani donne di oggi, "globali", migranti, multiculturali, non eurocentriche e anche in parte "esuli".

Vogliamo riflettere queste esperienze - che solo qualche volta esitano a dei risultati, ma sono, come biografie, interessantissime e nell’enciclopedia divengono esempi di ricerca personale, ai quali diamo valore. Aggiungo poi: le donne viventi qui raccontate possono cambiare la vita di giovani donne, che possono conoscerle, leggerle, cercarle, oggi. Mi ha scritto Carla Stampa:
Guardavo ogni tanto i ragazzini alla mia destra su una panca contro il muro, e la nuca dell'uomo davanti a me (l'unico)- ma erano almeno due!-...Se mi fosse stato chiesto un parere, non avrei saputo che dire.
Ecco, dobbiamo farci ascoltare e ascoltare, e anche accettare altri modi di raccontare, forse meno consapevoli e “coerenti”. Ma con i quali desideriamo dialogare assolutamente: esserci, per tutti.

E infine un pensiero che sento essenziale, fondante e che forse - e Mariateresa Fumagalli mi ha espresso questa perplessità - non è uscito con la dovuta rilevanza. Ho accennato nella mia presentazione alla somiglianza dell’enciclopedia a un romanzo corale. Ma avrei dovuto sottolineare una doppia coralità: nel senso di ciò che descrive ( l'insieme delle tante biografie che raccoglie) quanto nel senso di ciò che “la scrive”, cioè il gran numero di autrici e autori. L’Enciclopedia non parla con voce unanime, mai. Tanto che ciascuna voce è firmata. L’Enciclopedia raccoglie autrici e autori delle provenienze e competenze più disparate, e anche chi vuole studiare per l’occasione, per raccontare una donna che gli è cara. Noi non ricondurremo mai ciò che riceviamo a un linguaggio omologato o a una visione unitaria. Autrici e autori come recita anche il nostro copyright restano i proprietari delle proprie voci anche in senso di responsabilità – che naturalmente volentieri condividiamo con loro, quali promotrici del progetto generale nel momento in cui pubblichiamo.

Per parte mia , ripensando anche alla idea di storia di cui ci ha domandato Marirì, ho pensato: ... Se lo Specchio delle Dame vuole esser tale, deve riportare al qui e ora quelle donne dal passato e dal presente, rendere possibile un dialogo non di verità o di idee già pronte, ma raccontarne le vicende, senza banalizzarle, senza semplificare, senza imporre delle cornici troppo forti su una biografia, lasciare che essa parli da sola, per quello che dice e anche per quello che non dice o non può dire...

Di cose da dire,io, ne avrei ancora tante e una sporta. Ma non voglio annoiare. Ma l’Enciclopedia deve parlare da sé. Dovremo essere in grado di farla parlare.
Concretamente, dato che stiamo già costituendo una nostra piccola biblioteca, L’Enciclopedia si abbona a “via Dogana” storica rivista; e in più Margherita e io vogliamo la tessera del Circolo della Rosa, per frequentare un posto dove abbiamo voglia di incontrare e dare appuntamento alle tante voci dell’Enciclopedia.

domenica 14 novembre 2010

Le lavoratrici OMSA

Abbiamo ricevuto in redazione questo appello e vorremmo condividerlo con le nostre lettrici e i nostri lettori. Seguiremo la lotta delle lavoratrici OMSA e ci associamo al boicottagio dei marchi di seguito citati:

Lo stabilimento OMSA di Faenza (RA) sta per essere chiuso, non per mancanza di lavoro, ma per mettere in pratica una politica di delocalizzazione all'estero della produzione per maggiori guadagni.

Il proprietario dell'OMSA, il signor Nerino Grassi, ha infatti deciso di spostare questo ramo di produzione in Serbia, dove ovviamente la manodopera, l'energia e il carico fiscale sono notevolmente più bassi.

Questa decisione porterà oltre 300 dipendenti, in maggior parte donne e non più giovanissime, a rimanere senza lavoro. Le prospettive di impiego nel faentino sono scarse e le autorità hanno fatto poco e niente per incentivare Grassi a rimanere in Italia o per trovare soluzioni occupazionali alternative per i dipendenti, salvo poi spendere fiumi di parole di solidarietà adesso che non c'è più niente da fare.

Da giorni le lavoratrici stanno presidiando i cancelli dell'azienda, al freddo, notte e giorno, in un tentativo disperato di impedire il trasferimento dei macchinari, (tentativo documentato anche da Striscia la Notizia sabato scorso, ma ad onor del vero il servizio è stato brevissimo e piuttosto superficiale).

In Italia non sembrano esistere leggi che possano proteggere i lavoratori dall'essere trattati come mere fonti di reddito da lasciare in mezzo a una strada non appena si profili all'orizzonte l'eventualità di un guadagno più facile.

Le lavoratrici OMSA invitano tutte le donne ad essere solidali con loro, boicottando i marchi: Philippe Matignon - Sisi - Omsa - Golden Lady - Hue Donna - Hue Uomo - Saltallegro - Saltallegro Bebè - Serenella

e vi sarebbero grate se voleste dare il vostro contributo alla campagna, anche solo girando questa mail a quante più persone potete se non altro per non alimentare l'indifferenza.

Le lavoratrici OMSA ringraziano quindi per l'aiuto e il supporto che vorrete dargli quali ennesime vittime di una legislazione che protegge sempre più gli interessi unicamente lucrativi degli imprenditori che non la vita e la condizione lavorativa dei dipendenti.

sabato 16 ottobre 2010

Novità e buoni propositi

Il 14 ottobre ci siamo incontrati a Milano, nel cortile del piccolo teatro di via Rovello 2 che fu la casa di Cecilia Gallerani, la dama con l’Ermellino di Leonardo.Abbiamo potuto usare questo bellissimo spazio grazie al Comune di Milano nella persona di Antonio Calbi, direttore del settore spettacolo che ringraziamo insieme a Margherita Scirpa; un grazie anche ad Andrea Barbato e Valentina Cucinotta del Piccolo Teatro (e anche al Sotis Banqueting che ha avuto la pazienza di presentarci 3 preventivi di rinfresco che abbiamo rifiutato sempre per amore di sobrietà!)



Abbiamo chiamato a raccolta le autrici e gli autori milanesi dell’Enciclopedia e anche amiche e amici sparsi. E sono venuti, ed è stato bello incontrarsi e in qualche caso conoscersi.



Perché abbiamo creato questa occasione?

Primo:

presentare la Società per l’Enciclopedia delle donne- associazione culturale senza scopo di lucro. Non saremmo riuscite nello scopo senza l’aiuto di Verena Mantovani, che ci segue e ci stende ad ogni errore di forma.

L’ intento è dare figura sociale alle nostre attività, radicare e allargare la rete delle collaborazioni e promuovere l’enciclopedia presso le scuole superiori, le università e tutti i luoghi in cui la vita delle donne viene osservata e studiata.

Il lavoro di promozione si realizzerà nei prossimi mesi con il lavoro gratuito di persone che hanno dato la loro disponibilità: Gabriella Cioncolini e Paola Franceschetti, rispettivamente per le università italiane ed estere e le scuole superiori: a loro il nostro più grande ringraziamento.

A cosa ci servono i soldi delle tessere e i denari che raccoglieremo con tessere e donazioni?

A brevissimo termine:

finanziare i materiali promozionali, cartoline, locandine, tessere, vorremmo fare un’agenda dell’enciclopedia: una donna al giorno per incoraggiare il lavoro, la voglia di cambiare, la voglia di realizzare i propri sogni. E speriamo piaccia e divenga a sua volta forma di finanziamento. Ampliare l’Enciclopedia significa anche aumento dello spazio su server e della complessità di gestione. Servizi che dobbiamo implementare man mano che l’Enciclopedia cresce. Costi a cui dovremo far fronte.

A medio termine:

promuovere la formazione di giovani e giovanissime/i nell’implementazione dell’enciclopedia, e magari poter retribuire almeno simbolicamente il loro lavoro per realizzare gli obiettivi che ci siamo date serve infatti parecchio lavoro, anche redazionale.

A lungo termine:

Realizzare la versione inglese dell’Enciclopedia: questo aumenterà enormemente il pubblico delle lettrici e dei lettori; ci vuole una piccola squadra di traduttrici e traduttori, e laddove siano persone prive di altro reddito ci sembra corretto riconoscere in qualche modo il loro lavoro.

Secondo:

1000 x l’8 (marzo)

vediamo se riusciamo a festeggiare il primo anno dell’enciclopedia con una gran bella cifra tonda...

Un’enciclopedia non è tale se non arriva a grandi numeri. E noi, i numeri per arrivare ai grandi numeri li abbiamo.

Siamo utopiste ma non ingenue: sappiamo che per realizzare questo obiettivo ci serve l’impegno a creare voci nuove, e a estendere la rete delle collaboratrici e collaboratori.

Margherita ha fatto un conto:

oggi abbiamo in media 1 voce al giorno,

per arrivare a 1000 all’8 marzo

ce ne servono 4 al giorno

Preso nota?


Chissà che la bella Cecilia non ci porti fortuna?

Ringraziamo le autrici e gli autori presenti Liliana Alcalay Treves, Renata Bedendo (per tutte le numerose teologhe dell'enciclopedia), Carlo Bertelli, Giulia Ceccutti, Luigi Cesareo, Sylvie Coyaud, Lia Del Corno, Laura Di Fazio, Chiara de Servi, Carlotta Eco, Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Franca Ferrari, Francesca Ferratini Tosi, Arianna Ghilardotti, Rossana Kaminskij, Paola Mattioli, Greta Marando, Elena Petrassi, Renate Ramge, Giuliano Turone, Marzia Rosti, Anna Zanoli,

Poi qualche grande assenza, giustificata Mariateresa Fumagallli che non era a Milano, e Dafne, la nostra webmaitresse , ammalata! e malata anche Marica Barghetti, pronta a partire dalla Garfagnana...

Ma in tanti ci hanno scritto fermati da cause di forza maggiore.

Tantissimi gli amici, impossibile nominarli senza far torto a qualcuno. Grazie a tutti!

e grazie anche alle giovanissime Federica e Brigida, ancelle di tessere e di consultazione...

lunedì 12 luglio 2010

Il diritto di essere bella

Letto su Vanity Fair (n. 26, 7 luglio 2010):
«‘Ogni donna ha il diritto di essere bella’. La frase è di Elisabeth Arden. Cento anni fa, nel 1910, fu inaugurato il primo salone sulla Fifth Avenue a New Yourk: Red Door (con la porta rossa per farsi notare). Due anni più tardi distribuisce alle suffragette rossetti rossi per infondere loro maggior coraggio.»
In rete si trovano conferme alla notizia di questa forma di sponsorizzazione del movimento delle suffragette da parte di Florence Nightingale Graham, fondatrice della Elisabeth Arden, e su vari siti che ne celebrano il centenario. Ma solo cenni. Sarebbe interessante saperne di più.

martedì 15 giugno 2010

Libertà di movimento

Francesca Schiavone, prima tennista italiana a conquistare gli Internazionali di Francia, il 3 giugno 2010, e Federica Pellegrini, record mondiale sui 400 metri di nuoto del 2009, hanno raggiunto gli onori delle prime pagine - in box piuttosto piccoli per la verità, a fronte delle loro grandi vittorie….

Gioco in una squadra di calcio, la Wendy F.G. (Football Girls). Lo scorso anno abbiamo organizzato una piccola mostra sulla storia dello sport femminile, con particolare attenzione al calcio. Esigenza naturale: giocando a calcio, ci si imbatte di frequente in alcuni stereotipi: “Ma non siete tutte lesbiche?” ,“ Non diamo il campo a squadre femminili, perché con i capelli ci intasano le docce” “Il calcio non è uno sport molto femminile….” “E come fate con gli stop di petto?”

Un incontro in Palestina con alcune squadre di calcio femminile ha ulteriormente sensibilizzato alcune di noi in merito allo sport come strumento di espressione e come metodo di emancipazione sociale.

La mostra ci sembrava una cosa da fare.

Nel corso delle nostre ricerche abbiamo scoperto delle cose interessanti. Ad esempio che Pierre de Coubertin (1863-1937, fondatore dei Giochi Olimpici moderni) era assolutamente contrario alla partecipazione femminile alle Olimpiadi. Lo sport, secondo lui, fondamento della pace e della civiltà, strumento di salute e benessere fisico e mentale è un diritto di tutti, forse anche un dovere sociale, addirittura politico, ma non per le donne. Le donne, infatti, non avrebbero assolutamente dovuto nemmeno assistere ai giochi, tantomeno parteciparvi! Unico compito delle donne? Generare e allevare gli atleti maschi, nonché sostenere le loro imprese sportive.
Ma c’è un altro aspetto, squisitamente materiale, di fondamentale importanza nelle relazioni fra donne e sport.,l ’abbigliamento. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, uno dei primi sport nei quali la donna può cimentarsi è il ciclismo (cfr. Alfonsina Strada nell’enciclopedia); la bicicletta, infatti, è un mezzo di locomozione economico che le donne cominciano ad utilizzare ben presto per andare a lavorare in fabbrica, o nelle campagne; questa possibilità rende familiare e socialmente accettabile lo spettacolo di una donna in bicicletta. La bicicletta per prima porta con sé alcune rivoluzioni nell’abbigliamento: innanzitutto la liberazione dal busto, una delle torture più durature nella storia dell’abbigliamento femminile, l’utilizzo della biancheria intima (l’uso quotidiano della biancheria intima era stato per molti secoli appannaggio esclusivo delle classi più agiate) e il passaggio ad abiti più consoni al pedalare: non più gonnelloni e sottogonne fruscianti ed ingombranti, ma gonne più sobrie, gonne-pantalone, fino ad arrivare ai veri e propri pantaloni.
In molti altri sport la possibilità di accesso per le donne passa attraverso la conquista dei pantaloni o dei pantaloncini. (Parleremo in altra occasione della “rivoluzione” dei pantaloni, che oggi possiamo solo misurare dal fatto che solo 60 anni fa in alcune chiese una donna in pantalone era “sgradita” poiché considerata sconveniente).

Nel calcio, le prime squadre femminili, negli anni Trenta, indossano perlopiù la gonna. Solo le operaie della Dick Kerr, in Inghilterra, la prima squadra di calcio femminile che si annoveri nella storia, indossano i pantaloncini, ma soltanto perché, per risparmiare, usano la divisa della squadra maschile. Nell’immagine qui sotto riportata si vede la prima partita femminile di calcio che si ricordi: a Londra Inghilterra del nord - Inghilterra del sud (7-1, per la cronaca). Le giocatrici indossano enormi gonnelloni (e le forze dell’ordine sono schierate per un evento considerato di certo eccezionale e forse un po’ sovversivo). Il tennis, molto praticato fin dalla fine dell’800 nei paesi anglosassoni, ha lo stesso problema. Guardate le foto della povera tennista costretta a giocare con quella gonna enorme, siamo nel 1918.

Vittorina Vivenza, la prima azzurra a vincere una medaglia mondiale (il bronzo nel disco) ai Giochi iridati femminili del 1930, racconta in una intervista rilasciata al Corriere della Sera nel 2002: «Fui denunciata al vescovo perché mi allenavo in pantaloncini»...

Passano per i vestiti mentalità e comportamenti, idee possibili. Nello sport la libertà di movimento è passata contrastando quella idea del vestito come maschera sociale che deve, possibilmente “coprire” il corpo, dissimulare la sua struttura dentro un modello a scapito della libertà di muoversi.

Aver conquistato la libertà di muoversi non è cosa da poco.

E per ora ce l’abbiamo fatta. Alla faccia di Pierre de Frédy, barone di Coubertin!


margherita


domenica 9 maggio 2010

Come ci siamo arrivati? Ovvero il valore negativo del femminismo.

Mi sembra sempre più unanimemente condiviso il valore negativo che viene attribuito al femminismo. E quello che è più strano è che questo valore negativo è diffusissimo tra le donne e, ancora più interessante, è diffuso tra le donne che hanno un ruolo sociale prestigioso o hanno raggiunto una autonomia ben riconoscibile. Ho letto di recente, ad esempio, una intervista a Monica Bellucci su Vanity Fair, nella quale prendeva nettamente le distanze dal femminismo, nonostante assumesse nella propria vita e nella propria quotidianità molti dei valori che il femminismo ha diffuso nella società. Sembrerebbe perduta la consapevolezza per la quale se facciamo quello che possiamo fare adesso, cose normali come votare, studiare, lavorare, decidere se avere o meno dei bambini, decidere se sposarci o meno, divorziare, praticare uno sport, indossare i pantaloni, lo dobbiamo solo al lavoro di quante prima di noi hanno combattuto per ottenerle. Anzi, sembrerebbe che si voglia rinnegare tutto questo.
Mi interessava lanciare questo spunto di riflessione: come è accaduto che il femminismo sia stato negativizzato senza possibilità di appello? Come siamo arrivati a questo? Chi sono i principali responsabili di questa operazione? E quali sono le tappe che hanno portato alla situazione attuale? O è stata una caduta lenta e insesorabile?
Attraverso alcune ricostruzioni forse si potrebbe disattivare qualcuna di queste operazioni di svalorizzazione e provare a ricostruire una rinnovata positività. Se qualcuno ha qualche idea in merito, mi piacerebbe che la condividesse con noi.

margherita

venerdì 9 aprile 2010

Come siamo messe con il Gender Gap

Ognuna di noi “a conti fatti”, per dirla con Simone de Beauvoir, è piuttosto contenta della propria vita, gli uomini che ha attorno non sono molesti, ma trova spiacevole la condizione femminile locale. Io per esempio, deploro che la presidente delle Donne padane di Cremona si metta al servizio del ragionier Bossi e da antropologa presuma di identificare una padanità femminile - /http://www.ecoantropologia.net. Mi piace la diversità degli animali e delle piante, quella umana di più (solo farei volentieri a meno di coloro che delle differenze mi vogliono privare). Nell’Italia delle Madonne, le sue simili sono disprezzate e sottopagate, il Viagra accolto come un dono del cielo e l’RU 486 come uno di Satana. Questione di impotenza biologica maschile ed economica femminile? Vado a vedere le statistiche, tacciono: dal reddito pro capite che è il PIL diviso per la popolazione alle emissioni di gas serra divise idem, vogliono far credere che tutti guadagnano, consumano e inquinano uguale, e persino l’omicidio di una donna ogni due giorni e due ore è nascosto nel tasso di criminalità nazionale.


Per fortuna, c’è l’indice del Gender Gap, una classifica dei paesi in ordine di discriminazione e misoginia crescenti. Imperfetto, frutto di una ricerca finanziata dal World Economic Forum, non il mio ideale politico, ma nemmeno interessato a rendere più rosea o grigia la situazione.


L’ultimo indice, del 2009, si trova a questo link http://www.weforum.org/pdf/gendergap/rankings2009.pdf. Non in bella vista, pour ainsi dire, per non deprimere le anime sensibili alle quali consiglio di uscire subito da questa pagina. Grazie di essere passate a trovarci e arrivederci.


Adesso che siamo tra anime con il pelo sullo stomaco, avrei una domanda. Le scandinave, si sa che hanno chiuso il Gender Gap da mo’, ok, ma come mai su 134 paesi, l’Italia è al 72mo posto?


Sylvie Coyaud

sabato 20 marzo 2010

Mani di fata, piedi prensili

C’è chi ha collegato la nostra Enciclopedia ad un’omofona Enciclopedia della donna, Fratelli Fabbri Editore, un gioiello in 13 volumi degli anni ‘60 che istruiva su maglia, arredamento, relazioni con le amiche, arredamento, comportamento, etichetta... Qualcuna dice di averla bruciata, altre dichiarano di averla odiata, e se n’è parlato qualche anno fa (2006) quando la Rizzoli ne ha pubblicato in un volume una selezione, ”quasi un nostalgico ritratto di costume, di una Italia che non c'è più” etcetera etcetera…(da leggere, sull'argomento, l'ampio e bellissimo articolo di Natalia Aspesi).
Benché quell’insieme di precetti appaia oggi surreale e sublime, non è così assurdo l’accostamento fra le due iniziative, né solamente pretestuoso: quando anni fa Margherita e io andavamo a proporre questo progetto, molti lo scambiavano per una Enciclopedia di “lavoretti”! La realtà ha più immaginazione di noi. Infatti alla scuola media di mia figlia c'è da pochi anni un laboratorio che si chiama Saperi Femminili, e vi si insegnano, appunto, il ricamo, la maglia, il cucito...Ho un po’ avuto da ridire circa la denominazione (un tantino ideologica?), ma l'insegnante mi ha redarguito dicendomi: "no, guardi, è lei indietro...Questo è un termine tecnico (SIC!), nato nei corsi di specializzazione della Bicocca che ho frequentato..." Voleva spiegarmi che il ricamo era un modo di recuperare, con la pratica, momenti di conversazione fra “donne”. Insomma era Post – femminismo, non Pre. Io continuo a pensare che se lo chiamavano "Ricamo uncinetto e attività manuali", o all'antica maniera “applicazioni tecniche”, la cosa era più onesta e non replicava categorie che ai molti frequentanti della scuola non suonano né post, né pre, semplicemente “naturalmente” femminili.
Tutto questo per dire?
Che son contenta di ribattere a quella Enciclopedia della donna con una Enciclopedia delle donne: basta una sola vocale a far traballare il modello da imitare, ad aprire al vociare disordinato delle persone reali.
Enciclopedia è una parola enorme, gigantesca: dentro ci sta il giro del mondo, la sistemazione di un sapere che si propone come degno di essere raccolto e trasmesso alle nuove generazioni. Ci stanno anche i piedi, secondo me: io li vedo i piedi nella parola Enciclopedia, che camminano, fanno tanta strada e pigiano.
Infine, il confronto con quella arcaica Enciclopedia mi consente di accennare a un tema che c’è anche, evidentemente, nei “Saperi femminili”, quello della nostalgia per un mondo di gesti ordinati e sensati, che non vanno rigettati , come il bambino, con l’acqua sporca. Non abbiamo ragione però, mi sembra, di nutrire nostalgie immotivate. Ora espongo una idea che suonerà paradossale, ma che vedo all’opera nelle storie che andiamo raccogliendo nella nostra Enciclopedia. Un tempo veramente ordinato da regole, forse, non c’è mai stato. C’è però, ed è forte, il filo rosso del valore dato a gesti, oggetti, relazioni; il tempo speso ad apparecchiare la vita nel migliore dei modi. Ma questi modi non passano semplicemente da una generazione all’altra, perché di mano in mano vengono intesi e lavorati diversamente, e rifiutati, riscoperti, o inventati di nuovo. E in molti ritratti della Enciclopedia delle donne c’è il riflesso di questo continuo dialogo, morbido o aspro, fra la norma data e la forma della sua negoziazione.

venerdì 12 marzo 2010

Le candidate

Ecco le candidature che abbiamo ricevuto nei pochi giorni dalla pubblicazione, in ordine rigorosamente casuale:


Alice B Sheldon- Doris Lessing, scrittrice, candidata da Antonella Lucato;
- Adele Faccio, politica militante radicale della prima ora e Franca Viola, giovane siciliana che, in seguito a una violenza, rifiutò il "matrimonio riparatore", candidate da Antonietta Innocenti;
- Alessandra Abbado, musicista candidata da Carla Regina;
- le scienziate Margherita Hack, Ilaria Capua, Lise Meiter, Marie e Irene Curie; le scrittrici Margaret Atwod, Marguerite Yourcenar, Antonia Byatt, Christa Wolf e Virginia Woolf; la musicista Laurie Anderson e una (per ora anonima) maestra di scuola elementare, candidate da Simona Cerrato;
- Violetta de Angelis, filologa, candidata da Roberto Giacomelli;
- Rita Atria, testimone di giustizia contro la mafia, candidata da Maria Pia Saraceni;
- Nilde Iotti, politica, candidata da Lorenza Perini;
- Tina Modotti, fotografa, candidata da Federica Sgorbissa;
- Margherita Hack, ri-candidata da Tiziana Montrasio;
- Emmy Noether e Sofia Kovaleskaja, matematiche, candidate da Bettina Todisco;
- un'altra matematica, Marie-Sophie Germain, e Clara Josephine Wieck Schuman, compositrice e pianista, candidate da Maria Gabriella Simeone;
- Elsa Morante, scrittrice,candidata da Katia Tamburello;
- Leda Rafanelli, anarchica, futurista e scrittrice candidata da Anna Chiara Cimoli;
- Pina Bausch, coreografa, Sophie Calle, artista visiva, Francesca Woodman, fotografa e Marguerite Duras, scrittrice, candidate da Flavia Cardone;
- un po' di filosofe: Hannah Arendt, Edith Stein, Marta Nussbaum, Agnes Heller, candidate da Mara Gasbarrone insieme a nuove possibili autrici;
- Alessia De Montis, artista, candidata da Nino Migliori;
- James Tiptree Jr (pseudonimo di Alice B. Sheldon) e Ursula K. LeGuin, scrittrici di fantascienza in un mondo di maschi, candidate da Dafne Calgaro.

Alcune di queste voci sono già "prenotate", ovvero qualcuno sta già pensando a come e quando scriverle, o le sta scrivendo, o rivedendo, ma sono una minoranza: tante aspettano un'autrice o un autore cui essere affidate.
Grazie a tutti coloro che hanno partecipato finora e a chi ci sta ancora pensando. Mandateci le vostre proposte e candidature a redazione@enciclopediadelledonne.it.


Nella foto: Alice B. Sheldon a una festa in maschera a Chicago.

lunedì 8 marzo 2010

Sono indette le primarie

Verso l’Enciclopedia delle donne... Questo, lo sappiamo, è solo l’inizio. Là fuori, nella rete, nei libri, nei ricordi e nella vita di ciascuno ce ne sono a migliaia, astronome e assassine, banchiere e badanti, filosofe e fantine, ministre e Mimì metallurgiche, sarte e streghe, trapeziste e tappezziere, la cui vita può farci riflettere sulla nostra, allargare le prospettive, e mostrare che le storie in carne e ossa non stanno in nessun copione già scritto...

L’idea (veramente!) sarebbe di raccontarle tutte: il desiderio non ha limiti, le forze sì.

Se andiamo in ordine alfabetico, non arriveremo mai a Princess Zulu.

Ambiziose ma non del tutto dissennate, sappiamo che raccogliere tutto da sole è impossibile. Quindi sotto a chi tocca: chi vuoi portare tu nell’enciclopedia, e poi, importantissimo, a quale titolo, insomma perché proprio lei ?
Dopo di che sceglieremo democraticamente... inutile ironizzare: infatti sono indette

Le Primarie!

Voi, femmine e maschi che siate,
chi ci volete nell’enciclopedia?

E perché?

Ditelo, con chiarezza, e convinzione,
(max 500 caratteri - 10 righe)
nei commenti a questo post
oppure scriveteci: redazione@enciclopediadelledonne.it
Senza comizi, questo è un blog.

Ricapitolando:
Nome e cognome della candidata, date, luogo di nascita e azione, eventuali fonti (libri e link), spiegare perché la tua donna non può mancare, in modo che qualcun altro o tu stesso voglia scriverne... Nel qual caso prenotati anche come autrice/autore.